Dal 15 luglio 2023 sono entrate in vigore, per le grandi aziende, le nuove disposizioni in materia di whistleblowing previste dal D.Lgs. n. 24/2023, volte ad ampliare le tutele per tutti coloro che segnalano eventuali illeciti di cui siano venuti a conoscenza e che possono essere esposti al rischio di eventuali ritorsioni.
Tra le novità introdotte, si segnala l’obbligo per i soggetti individuati dal legislatore di predisporre adeguati canali di segnalazione che consentano di tutelare l’identità dei segnalanti, nonché l’obbligo di affidare la gestione di detti canali a soggetti/uffici interni od esterni con personale adeguatamente formato in materia.
Solo per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a 249, gli obblighi imposti dalla nuova normativa avranno efficacia a decorrere dal 17 dicembre 2023.
Con l’ordinanza n. 20450 del 17 luglio 2023, la Corte di Cassazione, sul tema della responsabilità dell’appaltatore nel caso di danni derivanti dalla costruzione di edifici, ha precisato che l’art. 1669 del Codice civile prevede la speciale responsabilità dell’appaltatore nei soli casi in cui tali danni derivino da vizi del suolo preesistenti ovvero da difetti di costruzione imputabili all’appaltatore. Tale responsabilità non fa tuttavia venir meno l’applicabilità della norma generale in materia di responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 del Codice civile, la quale quindi potrà trovare applicazione in materia di costruzione di edifici in tutte le ipotesi in cui si ravvisi un fatto illecito che non dipenda dalle circostanze sopra indicate (i.e. difetto di costruzione o vizio del suolo preesistente).
Il decreto di approvazione dello stato passivo ha un’efficacia e stabilità assimilabile al giudicato, con conseguente impossibilità per il creditore di avanzare contestazioni in merito ai crediti ammessi allo stato passivo, alla loro entità o natura, né tantomeno in relazione ad eventuali cause di prelazione e/o relativamente ad altre fasi della procedura.
È questo il principio di diritto sancito dalla Suprema Corte con ordinanza n. 18591 del 30 giugno 2023, nella quale si precisa altresì che tali contestazioni potranno, semmai, essere fatte valere dal creditore solo con l’impugnazione dello stato passivo.
Nel caso di inadempimento di obbligazioni pecuniarie, oltre alla condanna all’adempimento, la parte non inadempiente può richiedere anche la condanna dell’altra parte al pagamento degli interessi, i quali sono dovuti indipendentemente dalla buona o mala fede del debitore.
Il dies a quo per il computo degli interessi coincide – non con la data di proposizione della domanda giudiziale, ma – con la data di scadenza dell’obbligazione rimasta inadempiuta o, in mancanza, dalla messa in mora (Cass. Civ., ord. 20 giugno 2023, n. 17572).
Il Tribunale di Bari – con sentenza n. 3601 del 15 giugno 2023 – si è discostato dal principio enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 14840/2023, secondo cui l’istituto della messa in prova non può trovare applicazione nei confronti degli enti di cui al D.Lgs. 231/2001.
Il Tribunale di Bari ha giustificato tale scostamento in considerazione del fatto che il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite non costituisce una fonte del diritto, ma rappresenta, piuttosto, “la generalizzazione dell’interpretazione di una disposizione in relazione a una fattispecie concreta”. Ed è proprio sulla base delle circostanze del caso concreto che il Tribunale di Bari – di fronte ad una s.r.l. che era stata chiamata in giudizio per rispondere dell’illecito ex art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001 – ha ritenuto applicabile la disciplina della messa in prova anche all’ente.
La Commissione europea, in data 10 luglio 2023, ha approvato il “EU-USA Data Privacy Framework”, ossia una nuova decisione di adeguatezza con la quale si è ufficialmente riconosciuto che gli Stati Uniti garantiscono un livello di protezione dei dati personali sostanzialmente equivalente agli standard europei. Tale decisione legittima ora il trasferimento dei dati personali tra Europa e Stati Uniti, prevedendo un meccanismo di certificazione delle imprese statunitensi, volto ad attestare il loro impegno al rispetto degli obblighi di liceità, correttezza e trasparenza in materia di protezione dei dati personali, conformemente a quanto già previsto in ambito comunitario dal GDPR.
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